ROMA Ovviamente Massimo D’Alema non ha apprezzato, per usare un eufemismo, l’uscita di Marco Travaglio («Sono entrati a Palazzo Chigi con le pezze al c... e ne sono usciti ricchi»), riferita a lui e ai suoi principali collaboratori di governo, e pronunciata all’assemblea “girotondina” del Teatro Vittoria a Roma domenica scorsa.
Dice subito: «Sì, certo, credo proprio che verrà denunciato. La magistratura valuterà. Ha detto alcune cose incredibili, in particolare al “Foglio”: persino che abbiamo usato le tangenti per prendere il controllo del partito. Cose offensive per l’intero nostro partito, cose che offrono un’immagine della sua vita interna di calunniosa fantasia. Cose che suscitano interrogativi, persino sul senso del ridicolo».
Presidente, Travaglio sostiene di aver posto una serie di domande, a cominciare dalla privatizzazione di Telecom.È la cosiddetta “madre delle vicende”. Ecco: io ritengo che il centrosinistra dovrebbe esserne orgoglioso. Sinceramente: non solo non ritengo di dovermi difendere da nulla, ma vorrei tornare su quel passaggio analizzandolo sotto il profilo politico. Per il resto ci sono soltanto maldicenze e rumours, messi in giro dalla destra e ripresi, in modo autolesionistico, proprio da certe frange di sinistra.
L’azienda era certamente tale da suscitare numerosi appetiti...Per la prima volta nella storia di questo paese un gruppo di imprenditori ha preso il controllo di una delle più grandi aziende nazionali non attraverso trattative sottobanco, o cercando la mediazione di qualche potentato politico, ma direttamente sul mercato. Ci fu un’offerta pubblica d’acquisto che, anziché truffare i risparmiatori, ha fatto guadagnare loro non pochi denari, dato che chi ha comprato azioni Telecom ne ha tratto una congrua remunerazione.
Lei però rimproverò taluni imprenditori di scarso coraggio, perché avevano snobbato l’offerta...Io dissi a chi polemizzava - ricordiamoci bene: ci furono richieste al governo di usare la golden share per impedire che questa operazione sul mercato si svolgesse liberamente - io dissi che non si poteva pensare di controllare un’azienda di quel genere avendo comprato lo 0,6 delle azioni, sperando magari di essere spalleggiato dal potere politico. È del tutto evidente che nel momento in cui ci fu l’Opa, da molte parti ci furono pressioni. Ma il governo valutò che non c’era nessuna condizione per intervenire. Il governo, dico: il presidente del Consiglio, ma anche il ministro del Tesoro (Carlo Azeglio Ciampi, ndr), quello dell’Industria (Enrico Letta, ndr)... il governo, quindi. Questa vicenda si doveva svolgere limpidamente sul mercato, come in un paese normale. E così fu. Noi non facemmo nulla, salvo verificare che l’operazione fosse corretta. Avevamo mantenuto una quota estremamente minoritaria, e non vedo a tutt’oggi perché la politica avrebbe dovuto intromettersi in quella competizione, il che sarebbe stato in contraddizione con il fatto che oramai quell’azienda era stata privatizzata. La proprietà cercò di difendersi dall’Opa e alla fine la maggioranza degli azionisti decise di aderire all’offerta.
Si è ricordata in questi giorni la frase pronunciata da Guido Rossi, o comunque mai smentita, su Palazzo Chigi diventato una “merchant bank”. Io non ho mai voluto polemizzare con Guido Rossi. Posso comprendere la sua contrarietà, dato che egli era stato il presidente della Telecom che aveva condotto la privatizzazione, e dunque in un certo senso parte in causa. Ma, al di là delle battute più o meno gradevoli, noi abbiamo agito in modo assolutamente limpido. In quella vicenda non furono danneggiati né l’interesse del paese né i risparmiatori, sfido chiunque a dimostrare il contrario.
Presidente, si era molto vociferato su una sua simpatia particolare per Colaninno.Al momento in cui fu decisa l’Opa non lo conoscevo neanche. È un industriale che oggi ha investito i suoi soldi per rilanciare un’importante azienda italiana. Aggiungerei che non mi pare sia un nome che evochi chissà quali obbrobri. È un industriale. È stato detto: D’Alema ha scelto “un uomo come Colaninno!”, come ad evocare inenarrabili nefandezze. Io non ho scelto nessuno: l’ha scelto il mercato. Ma quello che trovo incredibile è che, di fronte ad una vicenda di questo tipo, all’interno della sinistra anziché rivendicare un percorso esemplare, un rapporto sempre limpido tra politica ed economia, si faccia invece da sponda ad una campagna calunniosa e scandalistica della destra, per ragioni di lotta politica interna. Mi permetto di aggiungere: se si fanno queste cose è molto difficile preparare un’alternativa di governo.
A parte il merito delle affermazioni di Travaglio, che effetto le hanno fatto le reazioni che hanno suscitato?Mi ha fatto grande piacere ciò che ha detto Cesare Salvi.
Era anche lui membro del governo di centrosinistra...Molti sono stati membri di quel governo, ministri e sottosegretari, ma non tutti hanno sentito il bisogno di reagire. Ma a parte questo, di Salvi ho apprezzato il fatto che malgrado lui contesti l’idea che ho io di questa lista unitaria per le elezioni europee - che ritengo vada fatta da forze affini, disponibili a costruire insieme una formazione politica che non esaurisca in sé tutto il centrosinistra - riconosca che la mia è un’idea politica che può essere legittimamente contrastata politicamente, com’è ovvio, ma non con la diffamazione e la calunnia. Io non pongo veti a nessuno. Ciò detto, questa lista non può essere un autobus su cui sale chi vuole. È un progetto politico.
Resta il potere d’interdizione dello Sdi, che a molti appare alquanto sconcertante.Vorrei ricordare che sono stato io ad aprire a Di Pietro. Non ho dubbi sul fatto che l’Italia dei Valori debba essere parte del centrosinistra, e ritengo che sia stato un errore - peraltro non mio, nella primavera del 2001 non avevo nessuna responsabilità, non condussi trattative o negoziati - quello di non aver fatto un accordo con lui per le politiche. Io sono quello che ha aperto a Di Pietro, subendo le contestazioni di molti di quelli che oggi lo considerano un leader della sinistra: ironia della storia. Ma il punto non è questo, non è se Di Pietro debba o meno far parte di un’alleanza di centrosinistra: senza dubbio sì. Ma non si possono confondere due concetti completamente diversi: l’uno se Di Pietro debba far parte di un’alleanza, l’altro se debba far parte della lista unitaria e di quel processo politico. A nessuno viene in mente, per fare un esempio, di chiedere se Rifondazione debba entrare in lista con noi. È una sovrapposizione di concetti che serve solo a creare una drammatizzazione inutile di questa vicenda. Di dire cioè: non volete Di Pietro? Vuol dire che volete ripetere l’errore del 2001. Certamente no. C’è una verifica politica che Rutelli e Fassino debbono compiere. Non per verificare un’alleanza che per noi è opportuna e necessaria, ma per vedere se vi sono le condizioni per fare una lista insieme, che è una cosa diversa. Questa visione politica può essere contestata, ma non c’è alcun bisogno di ricorrere alle calunnie, riprendendo le stesse cose che dice la destra. È uno stile di lotta politica che crea profonde divisioni.
Occhetto ha parlato, a proposito del “caso Travaglio”, di una bomba a scoppio ritardato artificiosamente innescata.Io posso dire che leggo con assoluto stupore che ci sono dei compagni che, prima ancora di sentire il bisogno di prendere le distanze da affermazioni calunniose, hanno sentito il bisogno di prendersela con quelli che sono stati offesi. Beh, questo lo trovo un po’ esagerato. Quanto alla bomba, mi pare fuori discussione che sia stata innescata da Marco Travaglio: è lui che ha detto che siamo una banda di mascalzoni che si sono arricchiti. Ciò detto, io non confondo affatto le cose dette da Travaglio con gli orientamenti di questi movimenti che so essere tutt’altra cosa, anche se mi farebbe piacere che fosse più diffuso il senso di civiltà testimoniato da Cesare Salvi: la capacità di distinguere la lotta politica dall’aggressione calunniosa.
Che cosa l’ha offesa di più? Le parole di Travaglio o gli applausi della platea?Io sono politicamente preoccupato e amareggiato. Mi è chiaro che l’insinuarsi di atteggiamenti di questo tipo, l’inquinamento della discussione politica all’interno della sinistra è un fatto catastrofico, perché mina la nostra coesione etica. Non puoi andare in battaglia alimentando un dubbio su chi ti sta a fianco: è inevitabile che tu sia sconfitto. È la cosa peggiore che possa esistere, e purtroppo nella sinistra anche nel passato si è usato questo modo di colpire chi ha una diversa opinione: il dissidente-venduto-traditore.
Ma in quell’assemblea c’era un sentimento comune, o un risentimento, come lo si voglia chiamare, che assomiglia molto ad un fatto politico.Comune a chi? Io dico una cosa: ritengo che chiunque applauda una cosa di questo genere commette un gesto di autolesionismo. Colpisce anche la propria immagine. Non è un caso che questa vicenda sia stata rilanciata così sonoramente dalla stampa di destra.
Ne risentirà il percorso politico da qui alle europee? Ripeto, c’è una verifica politica in corso, avviata da Fassino e Rutelli, che immagino che si tengano in contatto con Prodi. Ritengo che la lista unitaria non sia tutto il centrosinistra, che si tratta piuttosto di definire le ragioni, di identificare le convinzioni per un progetto politico, qualcosa che duri anche dopo le europee. Spetta a Fassino e Rutelli verificare quale possa essere l’arco delle forze che convergono in questo processo.
Si parlerà di Europa nella campagna elettorale per le europee, o sarà ancora un referendum su Berlusconi? Credo che l’Europa debba essere al centro, soprattutto dopo la battuta d’arresto del processo d’integrazione politica, di cui anche il governo italiano porta la sua parte di responsabilità. Sì, non c’è dubbio. La bandiera del centrosinistra a quell’appuntamento elettorale dev’essere quella europea. Dobbiamo essere i portatori di una visione coraggiosa, federalista dell’unità politica dell’Europa. Il grande problema di oggi è proprio il deficit di Europa: ai fini dello sviluppo e della crescita, ma anche della pace. Sono cose che devono far riflettere. Il danno provocato da episodi come questo è enorme. Rifletterci dovrebbe essere la comune responsabilità di tutti coloro che ritengono che si debba cambiare il governo dell’Italia. Se non lo si capisce, ne devo dedurre che non si hanno a cuore gli interessi del paese. Che si è antiberlusconiani a parole, perché se si è accecati dall’odio politico tra di noi, a Berlusconi si fanno solo grandissimi favori.