Massimo D’Alema è felice per la riapertura di quello che chiama «il cantiere per la costruzione dell’Ulivo come soggetto riformatore e di governo del centrosinistra»: o meglio ancora, per «la Costituente dell’Ulivo come soggetto politico». Un lavoro che durerà anni, mentre è bene avere «subito un gruppo unico in Parlamento».
LA MARGHERITA. In un’intervista a «La Stampa», il presidente dei Ds si rivolge anche al leader della Margherita: «Apprezzo la svolta di Rutelli, ma non si passa in due soli giorni dalla competition al partito unico».
IL FUTURO. Un’altra avvertenza di D’Alema è la richiesta di sgombrare il campo da «diktat reciproci» e provincialismi, avendo chiaro che il lavoro «durerà il tempo della prossima legislatura » e che quello che magari nascerà, «sarà un partito italiano, europeo. Più probabilmente europeo che americano...». Inviti ripetuti a un confronto alto e serio. Apprezzamento e comprensione per la repentina svolta imposta alla Margherita dall’esito della primarie. Giudizio netto sul senso del voto di domenica: «Uno straordinario successo di Romano Prodi». Entusiasmo, addirittura, per la riapertura di quello che chiama «Il cantiere per la costruzione dell’Ulivo come soggetto riformatore e di governo del centrosinistra»: o meglio ancora, per «la Costituente dell’Ulivo come soggetto politico». La proposta, infine, di costituire gruppi parlamentari unitari dopo il voto e creare una Fondazione e una rivista dell’Ulivo. Insomma, si: com’era lecito attendersi, c’è anche il timbro di Massimo D’Alema sul ritorno in campo della lista unitaria alle elezioni politiche del 2006. Ma accanto al timbro, vanno registrate puntualizzazioni e avvertenze di purissimo stile dalemiano. La prima riguarda le primarie: «Penso che questa vicenda non debba conoscere né vincitori né vinti. E trovio buffo contrapporre i partiti al “Popolo dell’Ulivo”. Ricordo che tutte le volte che è stata sposata questa tesi, si sono prodotti danni gravissimi». La seconda è rivolta alla Margherita di Rutelli: «Nello slancio della svolta siamo passati troppo repentinamente dall’essere in competizione tra di noi al partito unico. Ho visto che gli hanno già dato addirittura un nome…». La terza, in fondo, riguarda tutti: è la richiesta di sgombrare il campo da «diktat reciproci», avendo chiaro che il lavoro «durerà il tempo della prossima legislatura» e che quello che magari nascerà «sarà un partito italiano, europeo. Più probabilmente europeo che americano…».
Sembra davvero soddisfatto dalle novità prodotte dalla primarie, è così?«Si, perché si è rimesso in moto un processo che aveva subito una battuta d’arresto, con danni gravi. Ora, sull’onda della grande partecipazione alle primarie, del successo di Prodi e della volontà di rilanciare il suo progetto politico, ci rimettiamo in movimento superando l’impantanamento di questa estate. Accede, ovviamente, in contesto nuovo, segnato da alcune novità. La prima, è la spinta che ci viene dal Paese, dai 4 milioni e 300 mila cittadini che hanno partecipato alla primarie; la seconda, è una legge elettorale che ci sollecita a reagire al rischio della frammentazione. E così, poiché vogliono cancellare il sistema maggioritario, diventa ancor più importante dare visibilità ad un progetto di governo che per essere credibile deve poggiare su soggetti politici forti».
Del contesto nuovo di cui parla, fa anche parte – però – l’indisponibilità di alcuni dei «vecchi partner» a dar vita alla lista unitaria: non è un handicap serio?«Intanto considero particolarmente importante la convergenza tra Margherita, DS e Repubblicani. Questa convergenza è l’avvio di un processo aperto, che può allargarsi. Inoltre, non vedo come conflittuale la scelta socialista di lavorare a una nuova unità. E’ un tentativo che comprendo e mi pare legittimo, in questa fase. Il punto, che riguarda tutti, è non vivere questi processi da concorrenti, se non addirittura da avversari».
Alcuni partiti, come l’Udeur, confermano che non entreranno nella lista unitaria; altri leader, come Di Pietro, chiedono invece di essere associati. C’è ancora molta confusione…Mastella ha avuto alle primarie un rilevante successo, soprattutto al Sud, perché raccoglie forze moderate in fuga dal centrodestra: capisco che voglia star fuori. Ritengo che anche il voto ottenuto da Di Pietro provenga da un’area moderata, di confine. Lui fa male a interpretarsi come una forza della sinistra radicale. Il suo elettorato non lo è: è più che altro deluso da questa destra. Credo che Di Pietro possa svolgere un ruolo di forza di frontiera interessante, al quale non potrebbe assolvere se entrasse nella lista unitaria.
Di fatto, quella che nascerà è una lista Ds-Margherita. Le pare sufficiente?E’ l’intesa tra partiti che, assieme, rappresentano una grande forze riformista, che proprio le primarie hanno definito e che raccoglie il 75% dell’insieme: parlo di quanti, insomma, hanno votato Prodi. Si tratta di forze che sono destinate a confluire in un unico grande soggetto politico, attraverso un processo che ha una sua gradualità. Su questo credo occorra esser chiari: durerà anni, non sono cose che si fanno in due giorni. Prenderà il tempo della prossima legislatura, se saremo bravi. Questo è il progetto. E l’Ulivo vuol dire questo. Noi non abbiamo bisogno di aprire dispute sul nome, partito democratico, partito riformista … l’unica cosa che abbiamo di sicuro è il nome, l’Ulivo. Ed è un nome che mi pare funzioni.
Funzionerà pure, ma è continuamente in discussione…E’ vero, il progetto ha incontrato ostacoli: nei Ds, dove una minoranza lo ha contrastato nel timore che sbiadisse l’identità di sinistra, e nella Margherita, dove la tentazione neocentrista e il timore di finire sotto l’egemonia dei Ds hanno fatto da freno. Ma quell’idea ha trovato in Prodi un interprete convinto e noi siamo lieti che questo processo si rimetta in cammino, anche perché oggi acquista un grande significato per l’Italia. Di fronte all’attacco al bipolarismo e al pericolo di ingovernabilità – frutto del cinismo di Berlusconi che dice “visto che io non sono in grado di governare il Paese, rendo questo impossibile anche agli altri” – che noi si metta in campo una lista unitaria guidata da Prodi, è una bella risposta. Poi, naturalmente, bisognerà essere coerenti. E uno dei temi di cui discutere, per esempio, è cosa faremo in Parlamento: perché io ritengo che, a partire dalla lista unitaria, occorra costruire dei gruppi unitari. Senza forzature, bisogna cominciare a discuterne.
Lei parla di grande successo di Prodi alle primarie e celebra il ritorno dell’Ulivo. Altri, al contrario, esaltano il ruolo avuto dai partiti…Trovo un po’ buffe le interpretazioni che contrappongono i partiti al popolo dell’Ulivo. So che ci sono dei politologi che si esercitano su questo, e che c’è una vera e propria ideologia antipartitica priva di qualsiasi costrutto e assai perniciosa. Ogni volta che è stata sposata questa posizione si sono prodotti danni gravissimi. I grandi partiti del centrosinistra sono tutt’uno col popolo dell’Ulivo, e stavolta lo si è visto nel modo più clamoroso. Il popolo dell’Ulivo non li ha messi con le spalle al muro: sono stati i partiti che hanno promosso le primarie. Senza i 150mila militanti che hanno costruito i seggi, organizzato la consultazione, creato i call-center e tutto il resto, le primarie – banalmente – non ci sarebbero state. Io penso che questa vicenda non debba conoscere né vincitori né vinti, chi aveva ragione e chi l’aveva detto prima. Dopodichè, insisto: fatte per scegliere il nostro candidato premier, le primarie sono state uno straordinario successo di Prodi. Quando oltre tre milioni di persone vanno di domenica alle urne, in seggi improvvisati, e dicono “vogliamo Prodi come leader” come vuoi interpretare quanto accaduto? Ed è evidente che questo successo rilancia il progetto di Prodi: perché un leader non è solo una persona, è anche un progetto politico.
A questo progetto parteciperà anche la Margherita, che ha cambiato posizione in 24 ore. Per alcuni, più che una scelta si tratta di una resa… Che ne pensa?E’ un atto di realismo politico. Il gruppo dirigente di quel partito è composto da persone che hanno il senso della politica. La loro è una presa d’atto di novità importanti, e io credo che questo sia positivo. Quanto alla rapidità, di fronte a un evento di questa portata la velocità della reazione è anche un segno di riflessi pronti… Una riflessione, del resto, si era già aperta dopo la prima approvazione della nuova legge elettorale. Insomma, non è un fulmine a ciel sereno, anche se le primarie hanno dato la spinta a una svolta che è benvenuta.
Dunque, vi fidate.Innanzitutto siamo pronti a fare la lista: che si farà, e questo è un fatto. Ci saranno problemi complessi, ma finalmente si riapre il cantiere della costruzione dell’Ulivo come soggetto riformatore e di governo del centrosinistra, e ognuno porterà il suo mattone. Discuteremo di tutto, anche degli aspetti più delicati.
Ne indichi almeno uno, di questi aspetti delicati.Per esempio, non c’è dubbio che per Rutelli, nello slancio della svolta, diciamo, siamo già passati dall’essere in competizione tra noi a essere un partito unico. Ecco, forse questo è avvenuto troppo repentinamente. Dalla competizione al partito unico ci saranno passaggi più graduali. Poi ho visto che ha già dato il nome al partito. Figuriamoci, io sono rispettoso: nel momento in cui deve cambiare, lo fa cercando di dare anche una sua impronta. Però bisogna procedere con realismo e senza provincialismo.
A cosa si riferisce?In Italia oscilliamo tra due sentimenti specularmene sbagliati. Ogni tanto, in fondo svalutando noi stessi, veniamo presi dall’idea che dobbiamo imitare qualcuno, che dobbiamo fare come Blair o Zapatero, modelli magari fuggevoli; altre volte, invece, siamo colti da deliri di onnipotenza e pensiamo che quello che facciamo da noi debba essere per forza un evento mondiale. Io sono convinto da tempo che si debba lavorare per un rinnovamento dello schieramento progressista e riformista in Europa, e che è ora di far convergere forze socialiste, cattoliche e di impronta ecologista in un nuovo polo europeo. Noi possiamo dare un contributo. Ma ecco, io vedo la cosa in questi termini. Guardo al campo europeo non perché non sia sensibile al dialogo con i democratici americani, che considero importante e che, come è noto, coltivo: tanto che a novembre esponenti democratici saranno ospiti di Italianieuropei per una discussione sulla sicurezza internazionale. Però è difficile pensare che noi, qui in Italia, fondiamo un partito americano… Anche la geografia ha delle sue regole, e sono spietate: in Italia nascerà un partito italiano, europeo. Più probabilmente europeo che non americano…
Sta polemizzando con Rutelli! Aveva detto che non lo avrebbe fatto…Sto discutendo un’opinione espressa. E discutere non vuol dire polemizzare, se lo si fa senza forzature e senza diktat, tipo dovete uscire di là e dovete andare di qua. Per intenderci: non si può affermare “noi vogliamo rinnovare, vogliamo discutere con Blair e quindi dovete uscire dal Pse”. Intanto perché così non si discute ma ci si irrigidisce, e poi perché forse ci si dimentica che dove siamo noi – nel Pse, appunto – c’è Blair: e se veniamo via è difficile che il dialogo si rafforzi. Insomma, stiamo avviando un processo politico, che è fondamentale per il destino dell’Italia: discutiamone senza ingiunzioni, chè quelle non servono a nessuno.
Di questo processo è possibile indicare almeno le prime tappe?La Costituente dell’Ulivo come soggetto politico parte con la lista unitaria e si svolgerà nel corso della prossima legislatura, salvo il fatto che – proprio come ci insegnano le primarie – non esiste una linearità dei processi politici, che possono avere frenate o forti accelerazioni. Sarà cruciale il voto: che risultato avrà questa lista? Se avrà successo, è chiaro che andremo più veloci… Poi, dopo il voto, vedo due passaggi essenziali, posto che non avremo un partito unico. Il primo è la collaborazione nelle sedi istituzionali: e l’ideale sarebbe formare gruppi parlamentari unificati. Il secondo – e non la si consideri una questione corporativa o marginale – è che sarebbe importante creare un’istituzione culturale che metta insieme le strutture dove si forma il pensiero politico del centrosinistra. Sarebbe molto bello avere una fondazione culturale dell’Ulivo e una rivista. I grandi processi politici hanno bisogno di pensiero, di ricerca e di elaborazione. Oggi abbiamo una frammentazione, di cui Italianieuropei è parte. Discutiamone. Noi, come Fondazione, siamo pronti a confluire e a fare la nostra parte.