ROMA - Massimo D’Alema rigira tra le dita l’usuale origami mentre scorre le notizie d’agenzia sullo schermo del computer. Risaltano le affermazioni di Silvio Berlusconi che si compiace per la riscrittura della manovra economica.
Presidente, il premier canta vittoria per la ritrovata «equità» delle misure antideficit. Ha ragione?«Innanzi tutto va detto che è assolutamente indecente il metodo. Alcuni dei protagonisti del Consiglio dei ministri che qualche giorno fa hanno dato via libera al decreto, hanno fatto una riunione privata e ne hanno approvato un altro. Mi sembra un modo di governare fonte di grande confusione e contrario alla lettera e allo spirito della Costituzione».
Addirittura? Incostituzionale perché?«Beh, in un Paese civile le decisioni si prendono nelle sedi istituzionali, non a casa di Berlusconi. E’ un modo di governare che tocca il fondo dal punto di vista della correttezza dei rapporti tra istituzioni dello Stato».
Berlusconi sostiene anche di aver evitato definitivamente di mettere le mani nelle tasche degli italiani...«Non è davvero facile valutare l’esito di tutto questo pastrocchio. Quanto all’affermazione del premier, è assolutamente ridicola. Secondo la Banca d’Italia ci avviamo al massimo storico della pressione fiscale, mai raggiunta sotto nessun governo. La Corte dei Conti ci dice che nell’ipotesi più ottimistica salirà di due punti percentuali nel 2014. Siamo di fronte ad una crescita della pressione fiscale che non ha precedenti nella storia del Paese».
Tuttavia è un fatto che il contributo di solidarietà è sparito.«Certo. Perché così Berlusconi ha eliminato l’unica tassa che avrebbe dovuto pagare di tasca propria. Si trattava dell’unica misura, seppur mal congegnata, che in questo pasticcio di manovra tuttavia introduceva un qualche principio di equità sociale, ossia che paghino i più ricchi. Bene, l’hanno tolta per sostituirla con misure confuse, di sgradevole iniquità. Chi ha riscattato la laurea pagando i contributi, infatti, è uno che ha fatto un contratto con lo Stato. A chi quei contributi ha già pagato che fanno, glieli restituiscono? C’è un profilo serio di illegittimità, e comunque si tratta di provvedimenti che colpiscono a casaccio per fare cassa».
Mentre molti osservatori giudicano la manovra oltremodo carente sul fronte dell’indispensabile rilancio economico.«Hanno ragione. Non c’è nulla per il sostegno della crescita e infatti le previsioni sono al ribasso. Fin quando avremo una crescita da prefisso telefonico, il risanamento è un obiettivo irraggiungibile. Come manca una effettiva capacità di incidere sulla spesa».
Come giudica il dimezzamento dei parlamentari e la cancellazione delle Province?«Allo stato delle cose non c’è nulla: ci sarà, forse, dopo un lungo iter di riforma costituzionale. Parliamoci chiaro, uno può dire: voi siete l’opposizione e criticate per partito preso. Neanche per sogno. Noi siamo stati al governo del Paese e abbiamo ridotto in modo molto significativo il debito pubblico: si vedano i dati Istat. Il decreto si poteva senz’altro cambiare ma lo si doveva fare sulla base di un confronto limpido alle Camere e non invece come avvenuto sulla base di una trattativa privata. Così anche solo discutere diventa veramente molto difficile».
Sta rispedendo al mittente l’appello che Berlusconi fa al Pd di discutere nel merito i provvedimenti?«Ritengo che noi ormai non possiamo prendere in considerazione più nulla che venga detto da Silvio Berlusconi. C’è una assoluta caduta di credibilità, l’unica cosa seria che il premier dovrebbe fare è dimettersi. Questo provocherebbe un rimbalzo positivo anche sui mercati».
Insomma lo spirito bipartisan tante volte invocato dal capo dello Stato resta una chimera. Colpa solo del governo?«Guardi, per potere dialogare in primo luogo occorre un esecutivo che sappia quello che vuole e che adotti un criterio trasparente nel rapporto con il Parlamento. Berlusconi dice che vorrebbe pochissimi parlamentari: certo, presumibilmente per lui sarebbero più che sufficienti quei setto-otto che vanno ad Arcore. Noi abbiamo un governo che fa tutte le parti in commedia; poi si va in Parlamento e si mette la fiducia. Che razza di dialogo sarebbe questo? Il nocciolo della dinamica istituzionale è il rapporto governo-Parlamento. L’opposizione non va ad Arcore. Salvo rare eccezioni...».
Ma non la spaventa l’idea di un anno e mezzo, fino alla fine della legislatura cioè, passato sulle barricate? Non c’è il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale con una esplosione della conflittualità?«Non si può accusare l’opposizione di scarso senso di responsabilità. Soprattutto non può farlo chi, quando è stato all’opposizione, ha condotto la sua azione in modo virulento e irresponsabile. Noi abbiamo dimostrato senso di responsabilità in occasione di una manovra che pure non abbiamo assolutamente condiviso e che ci era sembrata inefficace, come è sotto gli occhi di tutti. La responsabilità che ci compete è fare seriamente l’opposizione, altrimenti corriamo il rischio che la grande maggioranza degli italiani, giustamente arrabbiata, non abbia voce».
E’ giusto che la Cgil abbia indetto lo sciopero generale?«Non spetta ai partiti indire gli scioperi, né i partiti sono i giudici delle iniziative delle forze sociali. Noi rispettiamo la decisione autonoma di un grande sindacato che ha inteso così manifestare il suo dissenso, mentre altri hanno scelto o sceglieranno, in modo altrettanto legittimo, forme diverse».
Sì, ma una parte dell’opposizione, quella moderata rappresentata da Casini, ha giudicato un errore rincorrere il massimalismo sindacale...«Noi non rincorriamo nessuno, siamo un grande partito di governo e chiediamo all’Udc di giudicare le nostre proposte, che ci sono e sono assai significative. Sono stato molto contento quando Casini ha smesso di inseguire il centrodestra, ritrovando così una sua autentica vena moderata. Anche perché, quanto a massimalismo, i suoi ex compagni di strada sono maestri difficilmente superabili».
Prodi ha firmato il referendum anti Porcellum. Ha fatto bene o no?«Io vorrei cambiare la legge elettorale, ma non per tornare al Mattarellum; un sistema che ha svolto un ruolo positivo nella prima fase del bipolarismo, ma che si è dimostrato non efficace sia dal punto di vista della riduzione della frammentazione politica, sia dal punto di vista della formazione di una maggioranza di governo stabile e coesa. Il referendum può rappresentare uno stimolo positivo per una riforma da approvare in Parlamento. E il Pd ha presentato una sua proposta che mi sembra un buon punto di partenza».
Dica la verità: quanto la vicenda Penati imbratta il profilo politico di Bersani in primis e del Pd poi rispetto alla diversità con il centrodestra? E Penati deve rinunciare alla prescrizione?«Penati ha scritto che non intende nascondersi dietro la prescrizione. Detto questo, noi non sottovalutiamo il peso di questa vicenda e la gravità delle accuse, la cui portata è sinceramente sconvolgente, rivolte ad una personalità di rilievo del nostro partito. Penati sostiene la propria innocenza e mi auguro davvero che sia in grado di dimostrarla. Ho fiducia nelle giustizia, quella vera, fatta di tribunali e sentenze, non delle indiscrezioni e dei giornali».
Insisto: Bersani è danneggiato politicamente o no? E il sistema di potere del Pd esiste o no?«Bersani e il Pd hanno reagito in modo chiaro e senza alcuna sottovalutazione. Ritengo che si debba respingere una campagna priva di fondamento che vuole criminalizzare il nostro partito, che inventa un presunto sistema di potere del Pd, o meglio degli ex Ds, dimenticando che su questo vi sono state reiterate e approfondite indagini della magistratura. Concluse con il proscioglimento totale».
Ma insomma presidente, la corruzione politica esiste o no? E l’equazione destra uguale alla sinistra ha fondamento o no?«Il rischio di corruzione può essere dovunque, riguarda le persone e non esistono differenze antropologiche. Ma ci sono partiti politici che lottano contro la corruzione, che difendono il ruolo della magistratura e la garanzia di legalità che essa rappresenta. E ci sono invece partiti che si comportano in modo esattamente opposto. E questa è una diversità politica importante. La mia impressione è che la portata dell’attacco contro di noi va molto al di là della vicenda Penati. Siamo in un passaggio in cui si esaurisce il berlusconismo, ed amministrative e referendum hanno dimostrato che il Pd è in grado di essere il principale protagonista di una nuova fase politica. E’ evidente che questo non a tutti piace e che, magari, non dispiacerebbe una sorta di berlusconismo senza Berlusconi».