BARI -
Presidente Massimo D’Alema, il putiferio nacque dalla parola «scossa» che lei pronunciò in tv alla vigilia dello scoppio dell’inchiesta Tarantini-D’Addario. Cosa sapeva e cosa voleva dire?Nulla di più di quello che dissi. Dato che il nostro capo del governo è del tutto privo di senso dello Stato e di amore verso il suo Paese, volevo sottolineare che il declino di Berlusconi non sarebbe avvenuto con le doverose dimissioni, ma si sarebbe manifestato attraverso una fase tumultuosa, che avrebbe investito le istituzioni.
Non era al corrente cioè di indagini giudiziarie? Non sapevo nulla. Anche se successivamente ho scoperto che a Bari molti sapevano dei rapporti tra Tarantini e Berlusconi, perché Tarantini se ne vantava pubblicamente. Il che non dava prestigio alle istituzioni, che anche adesso sono sottoposte a scosse continue.
Sta dicendo che quella sulla «scossa» in arrivo era solo una valutazione di tipo politico?Sì. Era una valutazione che rivendico e che era fondata, visto tutto quello che è successo dopo, ben al di là della vicenda barese. Tant’è vero che io parlai di “scosse”. Nel resto del mondo un leader politico che avesse fallito come Berlusconi si sarebbe già ritirato in buon ordine.
Sì, però, settori politici a lei vicini potrebbero aver appreso indiscrezioni sulle indagini avviate dagli uffici giudiziari baresi. Sugli uffici giudiziari baresi sono in corso varie indagini che, credo, faranno luce sul loro funzionamento. Che avessero un rapporto privilegiato con me, non risulta proprio.
Il magistrato Scelsi ha ricordato che un parlamentare a lei vicino gli chiese informazioni. Ci sono tante voci sui rapporti tra uffici giudiziari e personalità politiche: dovranno essere chiarite. Nessuno però può dire di aver avuto contatti con me. E rilevo che Alberto Maritati, chiamato in causa, ha smentito di avere chiesto informazioni. In ogni caso è un autorevole parlamentare della nostra regione, certamente non è un mio emissario.
Che idea si è fatto, allora, di questa storia? È evidente che si è cercato di coinvolgermi in vicende rispetto alle quali sono completamente estraneo. Prima si è inventato un rapporto tra me e Tarantini. Poi tutto il resto. Frequento Bari da 35 anni. Ho incontrato Tarantini, per caso, in un paio di circostanze. Episodi raccontati migliaia di volte in tutte le salse. Incontri, ripeto, del tutto casuali, tra numerose persone, tanto che Tarantini nell’interrogatorio - evidentemente pressato per dire qualcosa di non veritiero sui nostri inesistenti rapporti - ad un certo punto sbotta e dice: «Se avessi incontrato D’Alema, non l’avrei salutato perché lui non mi avrebbe riconosciuto». Il che dà la misura esatta del fatto che tra lui e me non c’è mai stato alcun rapporto. Stiamo parlando della volta in cui Tarantini era sull’imbarcazione di un imprenditore barese su cui ero salito. L’altro episodio è quello del ristorante di Bari, per il tempo di una cena elettorale su cui sono stati scritti romanzi.
A detta del titolare del ristorante la cena è durata parecchio. Non ho idea di quanto sia durata. Era un appuntamento elettorale tra tanti.
Il titolare sostiene che lei è rimasto a lungo. Conosco e apprezzo da tanti anni il titolare e sono stato tante volte piacevolmente a mangiare da lui. Forse anche per questo ricorda di avermi visto a lungo. Ma chiunque sa come funziona una campagna elettorale, può capire che non ci si può fermare per tantissimo tempo, in una serata densa di impegni.
Ma è vero che quando siete tornati da Ponza a Gaeta c’è stata la partita a burraco con Tarantini? Non mi ricordo. E’ possibile che durante la traversata si sia giocato a carte. Francamente non so se tra i giocatori ci fosse anche lui. Tarantini avrebbe detto anche di aver frequentato la mia barca, che dev’essere una sorta di Queen Elizabeth, visto il numero di tutti quelli che dicono di avervi messo piede. Tutto questo è fuori dal mondo.
Lecce sta indagando sull’ipotesi di un presunto complotto di D’Alema, dalemiani e Tarantini nei confronti di Berlusconi... E’ un’assurdità. L’unico complotto lo ha organizzato Berlusconi contro se stesso, in complicità con Tarantini. In questa vicenda non c’è una sola mia intercettazione, né con Tarantini, né con gli altri indagati.
Tarantini però parla con molti dalemiani pugliesi. Ma qui siamo alla barbarie. Prima si è cercato di costruire un rapporto, che era inesistente, tra me e Tarantini. Poi si è inventata la notizia che io avevo rilasciato l’intervista tv dalla masseria dell’avvocato Castellaneta. Notizia falsa. Chiaramente volta a alimentare la cultura del sospetto. Notizia, però, ripresa da molti giornali, segno che è stata diffusa da qualcuno in grado di farsi ascoltare. A intervistarmi, in un luogo pubblico, c’era Lucia Annunziata, grazie al collegamento con una troupe della Rai. Sarebbe stato sufficiente che qualcuno avesse fatto il mestiere di giornalista per accertare l’infondatezza di quella notizia.
Adesso è lei che ipotizza un complotto nei suoi confronti Lasciamo perdere i complotti. Rilevo che si propalano notizie false per colpire e diffamare la mia persona. Questo è un fatto. Quanto ai dalemiani, si sono costruite storie che non stanno né in cielo e né in terra.
Beh, perché sarebbero storie costruite?Per quanto mi riguarda, il termine dalemiano, in caso, evocherebbe un concetto politico. E qui parliamo di imprenditori, non di politici. Alcuni fra questi imprenditori li conosco. Per storie personali. Sono amico di Roberto De Santis da 35 anni. Ma lui fa l’imprenditore, io il politico.
De Santis è considerato da tutti persona vicinissima a lei. Ho capito. Ma ognuno fa la sua vita, e svolge le sue attività ed è responsabile di ciò che fa.
De Santis, a leggere le carte, avrebbe cercato con Tarantini, per ottenere lavori, di accreditarsi presso importanti società pubbliche utilizzando il canale berlusconiano. Risulta da qualche parte il mio nome? Risulta che io abbia telefonato a qualcuno per sponsorizzare un’azienda? No. Ripeto, non c’entro nulla. Siccome non possono colpirmi direttamente perché sono totalmente estraneo a questi fatti, cercano di farlo in maniera trasversale, dichiarando “dalemiani” tutti quelli che sono coinvolti. Una cosa ridicola. Così come è ridicolo sostenere che Enrico Intini è dalemiano. Lo conosco, e lo considero un imprenditore valido. Essendo uno tra i maggiori uomini di impresa pugliesi, ha rapporti con tutto il mondo politico.
Non può essere definito dalemiano neanche l’avvocato Castellaneta che imprenditore non è? Sì, lo conosco ma non ho mai avuto con lui rapporti politici, men che meno relativi ai fatti di cui si occupano i magistrati, come risulta dagli atti e dalle indagini. A che titolo vengo chiamato in causa? Leggo di ricostruzioni intollerabili che dovranno avere una risposta di tipo giudiziario. Dove sono i rapporti affaristici? In cosa si sarebbe sostanziato il “clan dalemiano”? E’ barbarie pura. Posso solo denunciare chi mi tira in ballo.
Forse non le hanno giovato le inchieste su Frisullo e Tedesco. Qui parliamo di politica. Non nego il legame con Frisullo, che viene da lontano. Tedesco non era nemmeno iscritto al Pd, quando avrebbe compiuto i reati di cui è accusato. Abbiamo censurato certi comportamenti di Frisullo, tanto è vero che il partito non lo ha ricandidato. In ogni caso, provo amarezza e turbamento per il fatto che alcuni miei amici, anche del mondo imprenditoriale, avessero rapporti che considero incomprensibili e inaccettabili con Tarantini. Ma, ripeto, cosa c’entro io? Non avevo rapporti d’affari, né di altro genere, con nessuno. Vengo tirato in mezzo attraverso, un’operazione diffamatoria, perché sono considerato un avversario scomodo da colpire e indebolire.
E chi sarebbe il regista di questa operazione ai suoi danni? Innanzitutto la destra, i giornali di Berlusconi. E poi il Cavaliere ha una grande fortuna. Se prende di mira uno dei nostri, sa che alcuni, fra noi, gli correranno dietro gioiosi.
È accaduto anche stavolta? Certo. E anche nel mondo dell’informazione vi è chi cavalca una campagna diffamatoria. In una logica distruttiva, per tutti. Il che dovrebbe far riflettere una parte del mondo della sinistra, secondo cui io farei favori a Berlusconi, quando invece sono uno fra i suoi bersagli preferiti.
Dalla Puglia a Penati, non vorrà negare che esiste una questione morale anche nel centrosinistra? Non abuserei di un’espressione che ha una storia e un significato particolari. Ci sono stati diversi episodi di corruzione, anche nel centrosinistra. Il che suscita preoccupazione. Siamo intervenuti, anche prima che lo facesse la magistratura, per la quale proviamo rispetto. Abbiamo fiducia che si farà chiarezza anche per le inchieste baresi, e sul modo in cui è stata condotta l’intera vicenda.
Lei parla di episodi. Non è un po’ riduttivo? L’intero sistema appare marcio. Quello che dico non è riduttivo. Anzi. Non abbiamo sottovalutato neanche per un attimo la portata e la gravità delle accuse. Naturalmente giudicheremo meglio quando saranno concluse le indagini, non sulla base delle indiscrezioni giornalistiche. Però voglio essere chiaro: non potrei mai accettare l’accusa di un Pd partito di corrotti. Rifiuto quest’immagine. Abbiamo migliaia di amministratori onesti in ogni parte d’Italia e nella nostra regione. Certo, l’insieme degli scandali a cui assistiamo segnala il rischio di una caduta generale del senso etico, che è nostro preciso compito scongiurare.
Per concludere: in Puglia non ci sono dalemiani. Vorrei chiarire una volta per tutte il mio rapporto col Pd pugliese. Non ho canali privilegiati, ma solo istituzionali: con il suo segretario e il suo presidente. Non sono un capobanda, non ho nessun portavoce.
Anche con Latorre solo rapporti istituzionali? Latorre è vicepresidente dei senatori, è un alto dirigente del Pd. È autonomo. Le sue prese di posizione politiche, a volte, non coincidono con le mie. E ancora. Non esiste un sistema dalemiano in Puglia, non ho mai raccomandato un primario ospedaliero. Purtroppo devo difendermi da questa ondata di veleni. Guardi, con Raffaele Fitto ci siamo confrontati duramente, ma sempre con correttezza. Anzi. Io lo considero estraneo a questo clima infernale, per certi versi anche lui è una vittima. Sono altri i protagonisti di questa ondata di fango, da cui si esce solo tornando alla politica-politica.
Cosa preannuncia la rottura di fatto tra Berlusconi e Tremonti? Vengo da New York, da una riunione della Fondazione Clinton, di cui mi onoro di fare parte. Può immaginare come ci giudichino all’estero. Ci guardano con aria di cordoglio. Si chiedono come sia possibile che l’Italia si sia ridotta così. La caduta di credibilità è totale. Berlusconi vede nemici dappertutto, come qualche personaggio shakespeariano. Siamo ai titoli di coda.