Intervista
14 novembre 2011

D’ALEMA: CON LE RIFORME ECONOMICHE SI FACCIA ANCHE LA LEGGE ELETTORALE<br>

Colloquio con Francesco Cundari - L'Unità


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I primi passi sono stati compiuti. Con le dimissioni di Berlusconi e l'incarico a Monti si apre una nuova fase, delicatissima tutta da giocare. Certo, non sarà facile». Al termine di una giornata scandita dall'andirivieni delle delegazioni di partito al Quirinale e conclusa con l'incarico a Mario Monti, nel primo giorno dell'era post-berlusconiana, il sentimento predominante tra gli esponenti del Partito democratico è la prudenza, a cominciare da Massimo D'Alema.
«Non c'è un gran clima di unità», dice il presidente del Copasir scorrendo le agenzie che in serata riassumono le varie dichiarazioni. Non per niente, lo stesso Pierluigi Bersani lo ha dichiarato esplicitamente deludendo, dicono, lo stesso Monti: «Né larghe intese né gran e coalizione», bensì «governo di emergenza e transizione». Non c’è il clima per niente di più, insomma. Ed è comprensibile, osserva D’Alema. «Non per nulla veniamo da un’esperienza drammaticamente divisiva come quella del centrodestra, che porta responsabilità immense per la situazione in cui ora si trova il Paese». Anche se l’ondata di antipolitica, diffondendo l’idea che la colpa sarebbe dei partiti in generale, ha dato a Berlusconi uno schermo dietro cui nascondersi, la realtà è che il Paese si è trovato drammaticamente indebolito perché «Berlusconi ha invertito la rotta del risanamento che i governi di centrosinistra avevano portato avanti sin dagli anni 90 e ora si presenta come se non avesse nulla di cui scusarsi ... ».
Questa è la ragione per cui nel governo Monti non ci saranno esponenti politici di primo piano: un governo di grande coalizione oggi non sarebbe credibile agli occhi dei cittadini. “Ma lo avete sentito Cicchitto alla Camera? E’ evidente che nel centrodestra non c’è una svolta politica tale da rendere comprensibile agli italiani una collaborazione di governo tra di noi”. Questo è il fattore che pesa maggiormente, perché “in un clima simile il futuro del nuovo governo è incerto”. Tuttavia, D’Alema pensa che si debba fare ogni sforzo perché possa prendere forma. “Bisogna rendersi conto - ripete - che siamo effettivamente in condizioni di emergenza”.
Il problema è che sui dati strutturali della crisi, secondo l’analisi del presidente del Copasir, si è innestata la caduta verticale caduta di credibilità del Paese, con effetti potenzialmente catastrofici. “Sarebbe folle, da irresponsabili, prescindere dalla necessità di arginare questi rischi…”.
Certo però il clima non sarà l’unico ostacolo davanti al governo Monti. Al momento, le richieste avanzate dal Pdl e quelle del Pd non sembrano collimare del tutto, anche se nel corso della giornata molte distanze sembrano essersi improvvisamente accorciate.
D’Alema è convinto che si possa ragionare su un’accelerazione nella messa a regime della riforma previdenziale, con un più rapido passaggio al sistema contributivo. Naturalmente, a condizione che questo si accompagni a misure significative sotto il profilo dell’equità, a cominciare dal riequilibrio del peso della fiscalità, dal lavoro dipendente verso la rendita, i grandi patrimoni, e quanti sin qui non hanno pagato o hanno pagato di meno il costo della crisi. E occorrono, naturalmente, interventi a sostegno della crescita.
Non sarà facile, certo. Ma per quanto nel Pd prevalga la prudenza, D’Alema può essere iscritto senz’altro alla corrente degli ottimisti. “Il nostro è un Paese nel quale spesso riescono le imprese eccezionali, mentre non di rado è difficile fare le cose normali”, dice. Gli domandano se il motto possa estendere anche alla sinistra. Il presidente della fondazione Italianieuropei resta per un attimo interdetto. Poi risponde: “Forse sì. In fondo, anche la sinistra spesso si trova più in difficoltà nella vita di ogni giorno, mentre nei momenti davvero difficili mostriamo il senso della nostra responsabilità nazionale. Infatti, come si vede, di fronte alle vere difficoltà dell’Italia le nostre discussioni sono passate giustamente in secondo piano, anche dentro il Pd. Ed è molto importante che nel partito si mantenga questo clima”.
Ma D’Alema non è meno ottimista sul futuro del centrosinistra. Si dice anzi “abbastanza colpito” dal fatto che la nascente coalizione con Sel e Idv abbia mostrato una certa tenuta anche in una fase obiettivamente complicata come questa. Sia Antonio Di Pietro sia Nichi Vendola, pur con i loro distinguo e le loro legittime richieste, si sono dimostrati leader di forze “che vogliono collaborare, non porre ostacoli”.
Il tema più delicato su cui i partiti dovranno misurarsi, nelle previsioni dalemiane, è però la “qualità del bipolarismo”. Un tema potenzialmente dirompente non solo nell’alleanza, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sui quesiti referendari, ma innanzi tutto nel Partito democratico (che sui suddetti quesiti si è diviso). “Indipendentemente da cosa deciderà la corte, le forze politiche non possono rinunciare al loro ruolo, devono fare una legge elettorale in grado di rispondere alla richiesta di cambiamento, e cioè una legge elettorale di tipo europeo”.
La posizione di D’Alema è nota. Una possibilità è un sistema maggioritario alla francese, quindi con il doppio turno (perché “il maggioritraio senza doppio turno non risolve nessuno dei due problemi fondamentali, e cioè la stabilità dei governi e la frammentazione politica”), magari nella variante “meno costrittiva” già presentata dal Pd. Oppure, ed è la seconda possibilità, si può “ragionare su altri sistemi, come quello tedesco”. Questo, secondo D’Alema, è anche il modo migliore per aiutare il governo Monti. “Noi - dice - vogliamo essere protagonisti di questo dibattito per dare una risposta alla domanda seria di riforme che viene dal Paese. E dovremmo cercare di dare una mano al governo anche in questo modo, avviando un processo riformatore”. Se si riuscisse anche a fare una riforma costituzionale, allora si imporrebbe la riduzione del numero dei parlamentari. Comunque, anche per via non costituzionale, “si può ridurre un sistema di privilegi, non solo della politica”.
Di sicuro, ragiona D’Alema, il governo Monti è “un’occasione da utilizzare per uno sforzo di rilegittimazione della politica, anziché lamentarsi perché la politica è commissariata… se si coglie l’occasione per mettere mano a riforme significative, il ruolo della politica ne sarà rilanciato. E’ un’occasione che sarebbe un vero peccato sprecare”.




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