La Fiat torna ad una sua antica tradizione. La Fiat è stata la fabbrica in cui la repressione antisindacale e contro la sinistra è stata la più aspra del Dopoguerra. La Fiat di Valletta fu la grande azienda che realizzò su vasta scala i licenziamenti per rappresaglia politica e sindacale, che poi sono stati una delle ragioni che hanno portato all’art. 18. Lo Statuto dei lavoratori nasce anche da quella drammatica esperienza e dalla necessità di affermare i diritti dei cittadini e la democrazia in fabbrica.
Abbiamo guardato con interesse a una strategia mondiale, a uno sforzo di rilancio e modernizzazione dell’azienda, che l’amministratore delegato Marchionne ha voluto tentare in questi anni. Non c’è dubbio che la Fiat si è venuta internazionalizzando, forse con ritardo rispetto a scelte aziendali che ne hanno rallentato il ruolo e che hanno visto un declino dell’azienda per molti anni. Però, in questo tentativo di modernizzazione c’è anche una vena autoritaria, che ha prodotto danni molto gravi e che rischia di incrinare il rapporto tra la Fiat e il Paese.
Bisogna ricordare ai dirigenti della Fiat che operano in un Paese democratico, dove ci sono leggi e nel quale bisogna rispettare i diritti dei cittadini, dove vi è la tradizione di spazi dei sindacati nelle aziende, e che questo non è un ostacolo alla produttività.
E’ un brutto episodio, un segnale negativo di un’arroganza non accettabile in un Paese democratico. Spero che tutti i sindacati uniti lo dicano alla Fiat.