Intervista
9 maggio 2012

D'ALEMA: L’UNICA PROSPETTIVA E’ L’ALLEANZA PROGRESSISTI-MODERATI

Intervista di Carlo Fusi - Il Messaggero


MDA_Hollande_piccola977_img.jpg  Hollande e D'Alema  Salvatore Contino
Massimo D’Alema legge il voto amministrativo come una conferma della necessità - meglio sarebbe dire dell’ineluttabilità - di un rapporto rinnovato tra centrosinistra e centristi per offrire non una prospettiva tra tante bensì l’unica in grado di garantire all’Italia un futuro non imperniato sulle macerie.
«Appare del tutto evidente - spiega - che l’unica prospettiva di governo possibile è quella che si costruisce attorno al Pd. Si andrà alle elezioni nel 2013 come prescrive la Costituzione. Dopo, chi vincerà avrà il compito di governare. Se non si vogliono mettere in discussione questi principi, non c’è una dimensione possibile di governo del Paese se non intorno ad una alleanza tra il centrosinistra imperniato sul Pd e le forze centriste più responsabili».

Tuttavia, presidente, il dato forse più vistoso che emerge dalle urne è l’astensione. Non la preoccupa?
«Sì, certo. Tuttavia in Inghilterra ha votato il 32 per cento degli elettori e i giornali hanno titolato: hanno vinto i laburisti. Da noi si sarebbe gridato alla fine della democrazia. Da noi la partecipazione al voto è stata tra le più alte d’Europa per una tornata amministrativa. Ma se consideriamo la tradizione del nostro Paese, non c’è dubbio che questo voto evidenzia un grande malessere sociale oltre che etico-politico, che in gran parte è il lascito del berlusconismo. In un quadro simile, il centrosinistra esce largamente vincitore nel primo turno. Si è votato in 26 capoluoghi e in 142 comuni con più di 15 mila abitanti. Noi governavamo in poco più di un terzo e ora realisticamente possiamo salire a due terzi. In sostanza è possibile raddoppiare i comuni che amministreremo. Il dato vero è il crollo del centrodestra e un diffuso successo nostro, non la vittoria di Grillo. Sono colpito che questo dato venga quasi rimosso, con una evidente falsificazione della realtà».

L’altro dato è proprio il successo del movimento Cinquestelle. Il presidente Napolitano ha detto non vedere alcun boom grillino. Concorda?
«In diverse città emerge il fenomeno Grillo, anche se i sondaggi lo accreditavano del 10 per cento e ha avuto il sei. Comunque è un fenomeno che c’è e di cui bisogna tenere conto. Non è più antipolitica: quando un movimento si presenta alle elezioni e si misura con le istituzioni rappresentative diventa partito. E’ politica, non anti. Poi vedremo che cosa faranno i grillini alla prova dei fatti. In molti casi si tratta di persone giovani, valide, che hanno raccolto consenso anche per le loro qualità. Bisogna distinguere tra la propaganda di Grillo che ha beneficiato di un enorme diffusione mediatica e i giovani del movimento a cui bisogna guardare con attenzione e rispetto, senza alcuna demonizzazione».

Ma è vero o no che la campagna elettorale si è giocata sull’appoggio alle misure impopolari del governo Monti?
«Il Pdl non paga il sostegno a Monti bensì il fallimento del governo Berlusconi assieme alla Lega, che infatti perde anche se si oppone all’esecutivo. Hanno governato per un decennio promettendo meno tasse, più lavoro, meno burocrazia, più pensioni: la felicità universale. Poi hanno negato la crisi. Bene, è naufragato tutto. Adesso il tentativo è di scaricare la debacle sull’appoggio a Monti, analisi di imbarazzante superficialità. Del resto come mai noi che sosteniamo l’attuale governo vinciamo le elezioni e loro le perdono? Non è questione di Monti: la realtà è che siamo alla fine di un ciclo politico».

Scusi, ma non è forse vero che anche il Pd soffre? Che tiene ma non sfonda?

«La gente è arrabbiata, dunque per noi ci sono elementi di sofferenza; per il centrodestra è una disfatta. Noi pur soffrendo vinciamo le elezioni: mi creda, così si soffre meno».

Presidente, adesso il Pd come deve gestire questo patrimonio elettorale?
«Innanzi tutto dobbiamo impegnarci per vincere nei ballottaggi. Raccogliere il consenso dei tanti che hanno votato per le liste civiche, per Grillo. C’è un lavoro da fare per dialogare con i cittadini, ascoltare, capire e dare risposte. Un partito deve stare in mezzo alla gente, soprattutto nei momento in cui è difficile farsi capire».

E dopo il ballottaggi? Monti resta fino al 2013 o si va ad elezioni anticipate?
«Ovviamente non credo che sarebbe responsabile fare precipitare la crisi del Paese. Da questo punto di vista spero che il centrodestra non si faccia travolgere dal nervosismo. Sento dichiarazioni bellicose che preoccupano. Anche perché sostenere il governo comporta una costanza e una disciplina nei voti in Parlamento. Temo che questo ci sarà sempre meno, non basta una dichiarazione politica di Alfano. Bisogna supportare Monti e contemporaneamente fare le cose necessarie per dare credibilità al sistema politico».

Intanto però la legge sul finanziamento dei partiti è scomparsa nelle nebbie. Non un bel segnale, non trova?
«Quella è davvero una vicenda scandalosa, e la responsabilità di una mancata riforma prima del voto ricade interamente sul Pdl. Il fatto che non si sia trovato l’accordo per dimezzare il finanziamento e introdurre maggiori controlli è pazzesca. Poi ci lamentiamo che la gente si rivolge al Cinquestelle».

Bersani ha detto: ora Monti ci deve ascoltare di più. Può tradurre?
«Impegno per la crescita e per affrontare l’emergenza sociale. Il governo deve trovare una soluzione per i pagamenti alle imprese; è assolutamente fondamentale una interpretazione più flessibile del patto di stabilità lasciando ai Comuni la possibilità di investire; bisogna premere sul sistema bancario affinché non faccia fallire le imprese; la questione degli esodati va risolta altrimenti si generano focolai di tensione drammatici».

E poi bisogna mettere mano alla legge elettorale. Sempre sul modello tedesco oppure bisogna cambiare impostazione?
«Sarebbe saggio ripensare alla discussione intorno a questo tema per promuovere un sistema a doppio turno che è quello che di più favorisce la possibilità di formare una maggioranza coerente. Sarebbe una svolta intelligente proprio guardando all’esito del voto di domenica. Registro che ora anche nel Pdl qualcuno fa considerazioni simili. E’ una novità da guardare con interesse».

Difficile che il Terzo Polo sarà d’accordo, tanto per dirne una. A proposito: come valuta la loro prova elettorale?
«In verità il Terzo Polo non si è visto ma l’Udc non è andata così male. In diverse realtà, a cominciare da Genova, al ballottaggio vanno loro e non il Pdl».

«Noi partiamo da una collaborazione di centrosinistra, in particolare con Sel. L’Idv, anche sotto l’incalzare del grillismo che erode consensi da quella parte, accentua le critiche verso di noi con punte distruttive che lasciano dubitare sull’intenzione di Di Pietro di volere lavorare in una prospettiva di governo del Paese. Nello stesso tempo ritengo che sarebbe importante una maggioranza che comprenda anche le forze moderate che si raccolgono attorno all’Udc per dare vita ad una vera alleanza tra progressisti e moderati».

Scusi, ma ogni volta torna in mente la solita argomentazione: è innaturale mettere insieme Casini con Vendola, si vince ma non si governa. Esattamente il contrario di ciò che lei auspica. E allora?
«Invece si può governare molto bene. Alle regionali del 2010, in Puglia si fecero le primarie e tema centrale c’era il rapporto con l’Udc. Vinse Vendola vinse e noi lo sostenemmo. All’epoca autorevolissimi commentatori scrissero che quel risultato era la dimostrazione che la prospettiva politica di D’Alema era respinta dall’elettorato. E’ la fine del dalemismo, si scrisse».

Beh diciamo che a quel tipo di vaticini c’è abituato...
«Ci sono abituato, è vero. Vorrei comunicare a quegli stessi commentatori che ad oggi la città di Bari è governata dal centrosinistra e dall’Udc. Stessa cosa accade a Foggia. Idem Brindisi. A Taranto ci sarà una amministrazione centrosinistra e Udc. La Provincia di Taranto propone il medesimo schema politico, e così pure quella di Brindisi. Mi esprimo blandamente: quello che era stato scritto non era vero. Non era finito nulla, anzi cominciava una stagione politica importante. Questo fatto che non si possa collaborare non corrisponde alla realtà dei fatti».

Brutalmente, presidente: non crede che si tratti di una dimensione vecchia, con poco appeal per gli elettori che alla politica tradizionale e ai partiti che la incarnano voltano le spalle?
«Dopo questo voto amministrativo, bisogna che tutti si pongano il problema del governo del Paese. Se procediamo verso una confusa disgregazione, ingaggiando un distruttivo gioco di veti, ci ritroveremo con un sistema politico in frantumi. Che non potrà che avere - e non come fuoriuscita di emergenza bensì come soluzione obbligata - un governo di tipo tecnico. Bisogna costruire una prospettiva e io, allo stato, non vedo alcun progetto politico minimamente credibile che prescinda da una collaborazione tra le forze eredi delle grandi tradizioni democratiche del Paese, che non può che avere nel Pd il suo cardine. Non c’è nessun altra ipotesi in campo. Dunque avviamo una riflessione sul modo di costruire questa prospettiva».

In verità ci sono anche altri progetti. Per esempio quello di Berlusconi per riunificare i moderati. Oppure quello di Casini del partito della Nazione. Tutti destinati a fallire?

«Sulla base delle attuali macerie, per usare il termine utilizzato da Casini, l’idea che il Pdl crei il grande partito dei moderati annettendo l’Udc mi pare velleitaria. Casomai ci può essere l’ambizione opposta. Che pure si rivelerebbe sbagliata. In Italia come in Europa la destra c’è, esiste, non la si cancella. Né la si assorbe in una prospettiva centrista. Se Casini pensa di potere inglobare la destra in un disegno del genere a mio avviso fa un calcolo sbagliato. E si condanna a rimanere in una posizione incerta. Invece dovrebbe scegliere e aprire un confronto con il Pd, ponendo le sue legittime condizioni. Non i veti: le condizioni sul piano politico-programmatico».

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