Intervista
3 agosto 2012

Più fiducia e meno dirigenti, così cambieranno i Servizi

Intervista di Marco Ludovico - Il Sole 24 Ore


«È necessario ritrovare un rapporto pieno di fiducia tra i servizi e il Paese. Il processo di riforma in corso serve anche a questo». Massimo D'Alema, presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), sottolinea gli sforzi di rinnovamento di un pezzo di Stato «dove va superata, una volta per tutte, la sindrome della soglia di Gorizia». Oltrepassato il confine di schemi anacronistici e modalità operative inattuali, oggi l'intelligence deve misurarsi con i risultati prodotti, le risorse umane e finanziarie ridotte, l'assenza e l'eliminazione di ogni ombra di illegalità. D'Alema scommette su questa sfida, con prudenza ma anche decisa convinzione.


Nell'anniversario della strage di Bologna il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, ha sottolineato come il Parlamento segua l'impegno del Governo nell'introduzione «di regole stringenti sull'applicazione del segreto di Stato che scongiuri distorsioni». Il disegno di legge approvato mercoledì introduce novità proprio su questo.

Sì, da oggi il capo del Governo, su richiesta del presidente del Copasir, dovrà spiegare al comitato le motivazioni dell'opposizione del segreto di Stato. Per quanto riguarda Bologna, voglio sottolineare che nell'elenco dei segreti di Stato acquisiti dal Copasir non risulta che sia stato opposto nei processi relativi a quella strage. Sono sicuro che ci sarà la massima collaborazione con l'autorità giudiziaria.

Qual è il senso autentico di questa norma?

Consente al Copasir di conoscere, nella massima riservatezza, il merito della scelta dell'Esecutivo, come hanno sancito due sentenze della Consulta. Ma è anche un caveat, una forma di dissuasione contro l'abuso del ricorso al segreto di Stato.

Esempi a riguardo non mancheranno.

Basti pensare ai lavori su Villa Certosa di Berlusconi o sulla vicenda Telecom, Mancini, Tavaroli: cosa c'entra il segreto di Stato in questi casi?

L'intelligence sta vivendo una fase di metamorfosi per recuperare immagine, efficienza e risultati. Mercoledì c'è stata la prima audizione dell'ambasciatore Giampiero Massolo, nuovo direttore del Dis.

La mia impressione è positiva, la sua nomina è un elemento di novità sul piano culturale. Proprio nel senso della riforma in atto, che allarga la missione rispetto ai compiti tradizionali dell'intelligence, ben distinti da quelli delle forze di polizia.

Il rinnovamento non dipende solo dai capi, però.

Ci vogliono, infatti, esperti di economia, di informatica, di altre culture. È in atto un piano di pensionamento e si stanno introducendo nuove figure, soprattutto giovani.

Il disegno di legge approvato riunifica al Dis le funzioni di analisi, logistica e personale finora tripartite con Aisi e Aise. È un segnale verso il servizio unico?

No, anzi: con questo assestamento il Dis ha un potere rafforzato di coordinamento e gestione mentre rimane, e io lo ritengo ottimale, l'assetto binario tra servizio interno ed esterno.

Il riordino produrrà risparmi, visto che si parla di spending review anche per i servizi?

Senza dubbio. Basta fare un esempio: se per l 'area logistico-amministrativa i prima c'erano tre capi reparto, ora ce ne sarà uno solo. Ci sarà, quindi, anche una riduzione di dirigenti.

Il testo di riforma allarga anche il campo delle intercettazioni consentite, con l'ok della magistratura, ai servizi: non solo criminalità organizzata, eversione e terrorismo, ma anche controspionaggio e criminalità economica. Non è rischioso?

Facciamo un'ipotesi: la nostra intelligence apprende che un funzionario infedele dello Stato interagisce in modo illecito con un'azienda estera, magari per questioni di segreti industriali italiani. Senza quella integrazione normativa i nostri agenti dovevano restare a guardare.

Un'altra innovazione non marginale è il parere che ora il Copasir potrà esprimere sulle delibere del Governo per i bilanci e la ripartizione delle risorse nel settore.

Certo non vogliamo entrare nei dettagli come, per esempio, la gestione dei fondi riservati. Ma è un altro segno di collaborazione fattiva e concreta tra Parlamento ed Esecutivo per rendere i servizi più efficienti e moderni.


 

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