L’appello lanciato dall’”Unità” per l’adozione della tassa sulle transazioni finanziarie nella UE è un’iniziativa che condivido e a cui aderisco con convinzione.
Del resto, è stato lo stesso Parlamento europeo a votare questa importante misura ormai parecchi mesi fa, e rendere esecutiva quella decisione, anche solo per un nucleo forte di Paesi, sarebbe un modo efficace per dimostrare che la democrazia europea conta, riaffermando il primato della principale istituzione politica dell’Europa.
L’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie a livello europeo darebbe anzitutto un chiaro segnale ai mercati, dimostrando che la speculazione non è più arbitro della crisi e rafforzando l’azione intrapresa nei mesi scorsi, anche grazie all’apporto italiano e francese, per limitarne gli effetti gravemente distorsivi.
La Financial Transaction Tax, inoltre, può rappresentare anche un rilevante fattore di equità e giustizia sociale, perché porrebbe un argine alla crescita incontrollata dei redditi da capitale, riequilibrandone il peso fiscale rispetto a quelli da lavoro, che sopportano costi ormai insostenibili.
Senza contare che, grazie al gettito che ne deriverebbe, l’Unione disporrebbe di risorse proprie per poter avviare un programma continentale di investimenti in infrastrutture e innovazione, partendo dal grande progetto di Jacques Delors, rimasto finora in gran parte inattuato, e andando anche oltre. Uno strumento, insomma, che potrebbe contribuire ad avviare una nuova stagione di crescita per l’Europa.