«Prima di parlare di parlare di Mattarella e Renzi, guardiamo a ciò che succede in Europa. E’ un momento cruciale». Seduto nel suo studio, al terzo piano di un palazzo affacciato su piazza Farnese, Massimo D’Alema scorre i giornali. Ma l’attenzione del presidente della Fondazione dei progressisti europei e fondatore di Italianieuropei è dedicata ad Alexis Tsipras, all’aut aut della Bce alla Grecia, piuttosto che alla «presunta rottura del Patto del Nazareno».
Cominciamo allora da Tsipras.
«E’ necessario lavorare per un compromesso tra l’Europa e il nuovo governo greco. Chiudere la porta in faccia a Tsipras sarebbe catastrofico. Si radicalizzerebbero ulteriormente i sentimenti anti-europei. Un problema che riguarda la sinistra riformista: i sondaggi in Spagna danno Podemos come secondo partito. Siamo al governo della UE, ma, non dimentichiamolo, con i conservatori. Ebbene, o noi Socialisti e democratici riusciamo a dimostrare di essere in grado di ottenere dei cambiamenti significativi delle politiche europee, oppure saremo destinati al fallimento. Ci sono idee interessanti, come quella di Stiglitz e altri economisti, che propongono una moratoria del debito per dare respiro al governo greco e rilanciare la crescita. Non vanno lasciate cadere. La Germania ha tratto notevoli vantaggi dalla moneta unica e ha, come noi, interesse a difenderla. Ma c’è di più».
Cosa?
«Bisogna capire perché in Grecia si è avuto un fenomeno così rilevante come il successo di Tsipras. Il leader di Syriza, mentre il Partito socialista greco, il Pasok, dal 44% dei voti è crollato al 4,5% in cinque anni, è stato capace di ricostruire la sinistra cogliendo il senso di umiliazione e di rivolta del popolo greco per l’immenso carico di sofferenza sociale imposta dalle politiche di austerità. In questa tragedia, come è accaduto in Francia, poteva essere la peggiore destra a raccogliere la protesta. Per fortuna che c’è Tsipras».
Un insegnamento per voi?
«Sono realtà molto diverse. La sinistra italiana è stata protagonista della fondazione del PD e ora deve tornare ad esercitare un’influenza determinante nel partito. Cosa ben diversa dal fondarne un altro».
Ora siete marginali, la fine del Patto del Nazareno annunciata da Berlusconi potrebbe rimettervi in gioco?
«Marginali? Abbiamo avuto un’influenza determinante nell’elezione del capo dello Stato, al di là di certe ricostruzioni ossequienti verso Renzi. La descrizione tragica della fine della sinistra è una ricostruzione letteraria. Direi di cattiva letteratura. In realtà il presidente della Repubblica era il candidato indicato dalla minoranza del Pd. Per noi è stato un successo importante».
Lei non aveva proposto Amato?
«Ci siamo riuniti, abbiamo discusso e alla fine Bersani ha detto a Renzi: siamo disponibili a votare Amato o Mattarella. Renzi, dopo avere tentato di puntare su altre soluzioni, su persone a lui più vicine e dunque più condizionabili, ha ritenuto saggiamente che il suo tentativo potesse risultare troppo rischioso e ha pensato che fosse meglio proporre una soluzione che garantisse il sostegno convinto di tutto il partito».
Il premier ha subìto Mattarella?
«Non dico questo. Dico che ha gestito una candidatura avanzata dalla minoranza del Pd,consapevole che altre strade sarebbero state irrealistiche. Il realismo in politica è una virtù e gli do atto di averne avuto».
Perché non avete proposto Veltroni, Fassino o Finocchiaro, un esponente della Ditta ex Ds?
«Era del tutto ragionevole, dopo Ciampi e Napolitano, dopo quasi vent’anni, che un cattolico democratico salisse al Quirinale. Non sono automatismi, certo, ma credo che questo faccia parte di una consuetudine democratica, di un equilibrio tra le culture. Il presidente deve essere una personalità al di sopra delle parti, il più possibile estranea ai conflitti che hanno diviso il paese, le forze politiche e anche il PD al suo interno».
Però il risultato è che ora gli ex Ds sono fuori da tutto, comandano gli ex dc Renzi e Mattarella.
«Siamo tutti degli ex. Ciò che conta è che Mattarella è un uomo di grandissimo spessore democratico e civile. Ho avuto con lui un rapporto personale di stima, amicizia, fiducia e perfino di gratitudine. Sergio compì una scelta molto coraggiosa entrando nel mio governo e restando al mio fianco in giorni di forti polemiche, di accuse di ribaltone. In più mi ha fatto piacere che, in occasione della sua elezione, sia stato ricordato il Mattarella della riforma elettorale, il Mattarella che ha riformato la naja… E’ un Mattarella che rammento molto bene… Così si è scoperto che non veniamo da venti anni di fallimenti. Le riforme non le ha inventate questo governo , ma sono state fatte anche prima. ed erano buone riforme. Pensiamo alla legge elettorale. Rispetto al Mattarellum l’Italicum è un pasticcetto. Ma è divertente vedere che io, nelle foto fatte circolare da palazzo Chigi, non ci sono. Lo sa che nei regimi stalinisti c’erano degli specialisti che cancellavano dalle fotografie i volti dei dissidenti? Nel Pd abbiamo dimenticato tanti valori della sinistra, ma questa tradizione è rimasta».
Che presidente sarà Mattarella?
«Lo conosco come un uomo molto poco appariscente. Non ama il proscenio, ma sarà un Presidente fermo nella difesa dei valori fondamentali e delle regole costituzionali. Avendo una forte sensibilità sociale, che peraltro è stata l’impronta del suo discorso, cercherà il contatto con la parte più sofferente del Paese».
Crede che la presunta fine del Patto del Nazareno spingerà Renzi a replicare il metodo-Quirinale partendo dall’unità del Pd?
«Non so, come non sa nessun italiano, in cosa consista il Patto del Nazareno. Dunque non so se è davvero finito. La Biancofiore dichiara che “Renzi telefona più spesso a Verdini che a sua moglie”. È evidente che tra i due c’è un rapporto estremamente intenso. Se è saltato o meno questo patto di potere, lo vedremo alla prova dei fatti, se si potranno correggerne gli effetti negativi sulle leggi. E va cambiata certamente la legge elettorale perché avendo ceduto a Berlusconi sul punto dei capolista bloccati, l’Italicum non assicura ai cittadini il diritto di scegliere i parlamentari».
Renzi dice che invece l’Italicum non si tocca.
«Renzi dica ciò che vuole. Noi continueremo a batterci nel merito. E’ una riforma dubbia sotto il profilo costituzionale: il combinato disposto di un Senato nominato dai Consigli regionali, e dunque dai partiti, e di una Camera la cui maggioranza degli eletti è nominata sempre dai partiti, è una soluzione che espropria i cittadini esattamente come il Porcellum. Insieme a Renzi l’avevamo combattuto. Ora lui sembra essersene dimenticato, non rispettando l’impegno preso con gli elettori».
Beh, questa volta forse dovrà ascoltarvi, oppure pensa che in Senato (dove la maggioranza è sul filo) arriverà il soccorso di Verdini?
«Non lo so, non intercetto le loro telefonate. Ma sento dire in queste ore che si cerca la disponibilità di singoli parlamentari. Mi viene in mente Scilipoti. Il governo del Paese non può puntare a sostituire il Patto del Nazareno con il trasformismo parlamentare. Spero che Renzi si renda conto che l’idea di comandare senza considerare il dibattito democratico, con continui appelli all’obbedienza, è rischiosa. La via maestra è il metodo-Mattarella, è l’unità del Pd, tenendo conto che c’è una minoranza che non ha posizioni pregiudiziali. Noi non facciamo agguati. Se fossimo degli irresponsabili, come talora veniamo dipinti, con il solo obiettivo di creare problemi al Presidente del Consiglio, avremmo potuto non votare Mattarella. Noi guardiamo al merito».