Presidente Massimo D’Alema, da europeista convinto si sente di dire che l’Europa stia facendo abbastanza per l’Italia?
«La risposta può apparire fin qui deludente. Ma va chiarito un equivoco molto radicato in Italia: è in corso una dialettica tra le istituzioni europee, che hanno preso una giusta direzione e ci stanno già aiutando, e alcuni governi nazionali, in particolare la Germania».?
Le istituzioni comuni non sono certo indifferenti all’opinione tedesca.?
«C’è un problema nel modo in cui la Germania esercita la sua leadership che non è all’altezza delle responsabilità di questo grande Paese. Un intellettuale prestigioso come Ulrich Beck ha coniato qualche anno fa il termine merchiavellismo, cioè la crasi di Merkel e machiavellismo, spiegando che la cancelliera ha l’abitudine di utilizzare la tattica dell’esitazione come strumento per domare le controversie. Condivido il giudizio,. C’è un muro di gomma tedesco ed è stato evidente già dalla condotta di Merkel all’ultimo Consiglio europeo».?
La destra italiana sta cavalcando l’occasione per picconare ciò che resta del sentimento per l’Unione europea.?
«Ogni riflessione sulla Ue deve prendere le mosse dalla consapevolezza che non c’è alternativa all’Europa, ogni alternativa, anzi, alternativa sarebbe peggio. Il rigurgito di un nazionalismo becero non serve a niente, forse a guadagnare qualche consenso, ma la prospettiva di una Italia senza Europa sarebbe catastrofica. Se la BCE, al di là delle gaffe di Lagarde, non comprasse 250 miliardi di debito pubblico italiano, come potremmo sostituire questo impegno?». ?
Ma alcuni dei dogmi su cui si fonda l’Unione non sono figli dei governi nazionali. Sono parte integrante dell’architettura politica di Bruxelles.?
«L’Europa del dopo Maastricht è figlia di una cultura che vedeva nella globalizzazione e nel mercato la garanzia della crescita e confinava il ruolo dei governi a tenere sotto controllo i bilanci europei ed evitare l’inflazione. La spinta era favorire al massimo le liberalizzazioni, impedire aiuti di Stato. La cultura dominante era quella della destra neoliberista».?
In buona parte accolta anche dalla sinistra di cui lei era leader.?
«Questo è parzialmente vero anche se noi cercammo di bilanciare una visione puramente economica con la Costituzione europea, ma fummo sconfitti dai referendum di Francia e Olanda. Comunque si vogliano giudicare gli anni ’90 è chiaro ormai, a partire dalla crisi del 2007, che si deve cambiare rotta. Io sono tra quelli che lo avevano detto».?
Il problema è il capitalismo??
«Questo è un grande cambiamento d’epoca. L’effetto della crisi causata dalla pandemia toccherà ancora più profondamente la vita delle persone. Vedo già in azione molti difensori dello status quo, che invitano a non usare l’emergenza come occasione per ridiscutere i modelli di sviluppo. E invece è proprio ciò che va fatto . Da questa crisi non si deve uscire tornando al prima. Una riforma del capitalismo è inevitabile anche perché è già cambiata ovunque la costituzione materiale dei rapporti tra Stato e mercato. Le responsabilità pubbliche diventano preminenti e non possono limitarsi all’erogazione di denaro. Come si può, dopo questa crisi, immaginare una stagione di ripresa che non consideri centrali i grandi beni comuni a partire dalla salute e dall’ambiente?».?
Sarebbe già qualcosa, avere denaro da erogare.?
«L’Italia non può limitarsi a chiedere soldi, deve dire a gran voce come intende usarli . Gli eurobond non servono a finanziare noi, ma ad aprire una nuova stagione dello sviluppo e della civilizzazione europea. Come in tutte le guerre ci saranno dei vincitori e dei vinti, e mi preoccupo di quale posto avranno le democrazie liberali e innanzitutto la nostra Europa». ?
Conte dice no all’utilizzo del Mes, il fondo Salva-stati.?
«Ha ragione, è un sistema pensato per altre situazioni di choc asimmetrico. E c’è il tema delle condizionalità: sarebbe folle aprire una fase di austerità».?
E i soldi chi li mette allora??
«Ci sono enormi riserve di ricchezza finanziaria accumulate nelle mani di pochi. I bond europei servono appunto a rimetterle in circolazione. Su questo sta prendendo forza una certa consapevolezza delle persone che, proprio perché rinchiuse ed isolate, avvertono un bisogno di comunità e solidarietà. Oggi si avverte anche l’insostenibilità di mali con cui siamo abituati a convivere come il lavoro nero o precario, un pezzo di società che è fuori dai meccanismi di tutela e che infatti ora drammaticamente non si sa come sostenere».?
Grillo chiede il reddito universale perché il lavoro - dice - non tornerà.?
«Non credo a una società senza lavoro. Il lavoro cambia, e cambierà il rapporto tra lavoro e vita. Lo si vede già con il telelavoro e altre forme di lavoro intellettuale. Si ridurrà il tempo di lavoro necessario, come lo definiva Marx e sarà possibile ridurre l’orario di lavoro». ?
Lei cita Marx, molti invocano Draghi.?
«Parla dell’ipotesi di un governo tecnico?»?
Di quello.?
«A cose fatte, con tutto il rispetto per il Senatore Monti, penso che sarebbe stato meglio dare uno sbocco politico a quella fase di crisi attraverso le elezioni».?
Ma crede o no all’ipotesi Draghi presidente di un governo d’emergenza??
«Ho una grande stima di Draghi. Da presidente del Consiglio consigliai al dottor Cuccia, uomo di altissimo livello con il quale avevo un buon rapporto, di prendere Draghi, allora direttore generale del Tesoro, come nuovo capo di Mediobanca. Pensavo fosse utile al Paese per riformare il nostro capitalismo. Cuccia, che aveva già scelto Maranghi, disse che vedeva Draghi come un civil servant. Dal mio punto di vista, il complimento più alto. Abbiamo visto, poi, con quanta capacità egli abbia saputo esercitare il ruolo di presidente della BCE arrivando anche, con decisioni coraggiose, a supplire in parte alle debolezze politiche dell’Europa. Ma si fa un danno a Draghi se lo si evoca per operazioni politiche di basso profilo o lo si invoca come uomo della provvidenza».?
È legittimo però il dubbio sulla capacità dell’attuale maggioranza di governo di affrontare una fase così complessa.?
« Il Governo ha gestito complessivamente bene l’emergenza. È evidente una debolezza complessiva del quadro politico che è frutto di un indebolimento della classe dirigente e questo, spero si sia capito, è un lusso che il paese non può permettersi.».?
Il conflitto Stato-Regioni chiama in causa i pasticci di un federalismo varato dal centrosinistra.?
«Essendo stato titolare dell’ultimo governo che, con la riforma Bindi, è intervenuto in modo massiccio a sostegno del SSN e sostenitore di un Ministro – Roberto Speranza – che dopo 20 anni di tagli ha ottenuto finalmente una inversione di tendenza, spero che ci si renda conto che tante campagne che hanno presentato negli anni il sistema sanitario come fonte di sprechi e disservizi erano sbagliate e che di fronte all’emergenza la sanità pubblica italiana si è dimostrata più efficace di quella di altri paesi che spendono ben più del nostro 6 per cento di Pil. Ma il problema del rapporto Stato-Regioni esiste. Non credo si possa statalizzare tutta la sanità, ma certo occorre rafforzare il ruolo dello Stato centrale nel definire gli standard, obiettivi e garanzie per tutti i cittadini. Infine mi pare che debba esservi una norma che consenta in modo chiaro una guida unica nei momenti di emergenza ».
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Un’ultima domanda: sa che si fa il suo nome nel pacchetto di nomine delle aziende a controllo pubblico??
«Guardi, io faccio molte cose: Presiedo, dirigendo anche la rivista, la Fondazione Italianieuropei che cerca di dare un suo contributo di pensiero ed analisi, faccio il professore e collaboro con una delle più grandi aziende di consulenza del mondo. Sto bene e non c’è bisogno che qualcuno faccia il mio nome per incarichi di alcun genere. Piuttosto, spero che chi si occupa delle nomine, oltre ai nomi, stia pensando alla mission delle grandi aziende a partecipazione pubblica in questa nuova realtà. Servirà, eccome».