Intervista
6 novembre 2021

“Torni il finanziamento alla politica La sinistra? Serve un’ideologia”

Intervista di Aldo Cazzullo - Corriere della Sera


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“Il futuro della democrazia italiana è incerto”



Massimo D’Alema, non le piace Draghi? 



“Draghi sta facendo un ottimo lavoro. Sono fiducioso che si potranno
conseguire i risultati auspicati. Rivolgo lo sguardo oltre l’emergenza; quando torneremo a votare e ad avere un governo
espressione del voto popolare. Sento dire: qualsiasi sia l’esito, dovremo avere sempre Draghi. Esagerazioni che non
sono utili, neanche a Draghi”. 



I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani
potrebbe votare a destra. 



“Questo lo vedremo. A me preoccupa innanzitutto la
prospettiva del sistema democratico. È sbagliato considerare il voto popolare
come una minaccia. Penso che in questo stato d’eccezione una delle riforme debba riguardare proprio il
sistema politico. Va ricostruito. Compresi i partiti”. 



Ricostruire. Ma come? 



“Il sistema non funziona. Produce ammucchiate elettorali che
si scontrano in modo violento; perché una campagna in cui chi ha un voto in
più controlla il Parlamento è drammatica. Non è vero che chi vince governa il
Paese. Da quindici anni si fanno governi che con il voto non c’entrano nulla”. 



Quale riforma vorrebbe? 



“Adotterei il sistema tedesco: il proporzionale con
sbarramento al 5%; la sfiducia costruttiva, che limita l’instabilità che il proporzionale può portare; il
finanziamento della politica”. 



L’elettorato sarà entusiasta. 



“Mi rendo conto di dire cose impopolari. Però, utili al
Paese. In Germania si finanziano non i partiti, ma le loro fondazioni
culturali, dove si forma la futura classe dirigente. Siamo in un dopoguerra; la
ricostruzione passa anche attraverso i partiti. Se, invece, si pensa che il
rapporto tra cittadini e istituzioni debba essere affidato a singole personalità,
allora si abbia il coraggio di andare fino in fondo con il presidenzialismo;
con tutti i controlli e i contrappesi necessari”. 



Quasi trent’anni fa gli italiani scelsero il
maggioritario, e lei era d’accordo. 



“Ed è stato giusto. Si apriva una fase nuova, serviva un
ricambio. Fu fatta una buona legge, che porta il nome di Mattarella. Oggi
abbiamo una legge pessima. La destra fa muro contro i collegi uninominali,
dobbiamo prendere atto della realtà. Il degrado del maggioritario ha avuto
effetti disastrosi. Un Parlamento senza alcun rapporto con gli elettori”. 



La soluzione è davvero il proporzionale, magari con le
preferenze? 



“Nel sistema tedesco ci sono i collegi. L’importante è che il cittadino scelga da chi vuole essere
rappresentato. Oggi gli eletti non vanno sul territorio, perché si guadagnano
la carica nell’ufficio o nell’anticamera del capo partito. Siamo a livelli di
trasformismo mai raggiunti nella storia. Basta. È un’emergenza dal punto di vista della tenuta democratica”. 



Chi andrà al Quirinale? 



“Una figura di garanzia. Va scelta una persona che non abbia
una caratterizzazione di parte. Sarebbe utile al sistema democratico se in
questa ricerca ci si orientasse verso una personalità femminile, in questo
senso, non si può sottovalutare la ricchezza presente nella politica, nella cultura
e nelle professioni”. 



Una donna. Quindi niente Draghi? 



“Il Paese ha bisogno che Draghi continui a governare. Dal
Quirinale non si governa, si svolge un ruolo di garanzia. Stiamo attenti, già abbiamo
inventato che i cittadini eleggevano il capo del governo. Non era vero. Non
vorrei che ora inventassimo un semipresidenzialismo di fatto. Con la
costituzione non si scherza, altrimenti si logora il sistema democratico”. 



Draghi deve restare a Palazzo Chigi? 



“Siamo a metà del guado, in un momento delicatissimo. Il
PNRR deve essere utilizzato per gettare le basi di una crescita duratura. L’Ue ci impone tempi incalzanti. E noi buttiamo tutto per
aria e andiamo al voto anticipato? La destra ha un disegno: eleggiamo Draghi,
paghiamo il nostro prezzo, ci legittimiamo in Europa, poi si va alle urne con
questa legge e prendiamo il governo. Un disegno non positivo per il Paese”. 



Ma la destra al Quirinale non vuole Berlusconi? 



“Mi pare che, ormai, non ci pensi nemmeno lui”. 



Perché non sarebbe
possibile? 



“Perché Berlusconi è un leader di parte.
Quando nel 2006 si fece il mio nome, fu proprio lui a dirmi che non poteva
votarmi, perché ero un avversario politico. Aveva ragione”. 



Il futuro della sinistra è con i 5 Stelle? 



“Se oggi abbiamo la crescita, è per il modo in cui abbiamo
affrontato la pandemia. Prima con Conte, poi in continuità con Draghi. Il
ministro Speranza, il cui rigore ha reso possibile la ripresa, ha ricevuto
attacchi gravissimi per aver difeso la salute degli italiani. Anche Conte
subisce un linciaggio da parte di larga parte dell’informazione. Eppure ha svolto e svolge un compito
positivo: portare un movimento di protesta alla sfida di governo e all’alleanza con la sinistra”. 



Voi di Articolo Uno tornerete nel Pd? 



“Si è aperto un dialogo. Apprezzo il lavoro di Letta per
aprire e rinnovare il PD. Sono un militante di base, farò quello che deciderà il
compagno Speranza…”. 



Non mi prenda in giro. 



“Bisogna ricostruire il partito democratico nel suo rapporto
con il Paese. Il Pd è figlio di una stagione in cui si teorizzava che le
ideologie erano finite, e servivano partiti aperti, senza strutture. Tutte
queste idee erano sbagliate. Nello stesso tempo, la destra prendeva forza perché, al
contrario, era ideologica e strutturata”. 



Ma anche lei ha sostenuto la nascita del partito
democratico. 



“C’è stato un momento in cui si scongelava la guerra fredda,
era giusto liberarsi di un certo bagaglio ideologico. Ma quando il Pd è nato,
tra il 2007 e il 2008, la fase dell’ottimismo sul mondo globale era già finita;
cominciava la grande crisi, in cui si perdono certezze, prevale la paura. Oggi
c’è una minoranza che vede la globalizzazione come opportunità, e che vota a
sinistra. Ma c’è una maggioranza che vive il presente con un senso di timore.
Nel mondo la destra vince perché manda forti messaggi ideologici di
appartenenza, di identità, di riaffermazione delle radici etniche e religiose”. 



E la sinistra? 



“La sinistra deve tornare ad avere un messaggio ideale, anzi
direi proprio ideologico: il riscatto sociale. L’eguaglianza. Un mito progressista, da contrapporre a quello
regressivo della terra e del sangue. Guardi quant’è forte la destra in America…”. 



Biden non la convince?



“È suggestivo il messaggio neo-rooseveltiano incentrato
sugli investimenti pubblici; che però è in contraddizione con il clima di
guerra fredda instaurato verso la Cina. Un clima che può favorire il ritorno
della destra a Washington”. 



La Cina non sta facendo molto per evitare una nuova guerra
fredda. 



“Cinque anni fa, la Cina era molto più aperta. Ora si sta
chiudendo. Si sente vittima di una controffensiva che colpisce i suoi
interessi; e una grande potenza che si sente aggredita reagisce con una
chiusura nazionalista. Anche dal punto di vista della violazione dei diritti
umani stiamo ottenendo un risultato opposto”. 



C’è stato il G20 a Roma. 



“È stato molto ben condotto, ma dai risultati modesti. Il
G20 era nato per avere al tavolo anche i cinesi e i russi; se non vengono,
diventa un G7 allargato. Se da una parte cresce il boicottaggio verso le
imprese cinesi e il tentativo di isolare la Cina anche militarmente con l’accordo Aukus sui sommergibili nucleari, dall’altra parte mi sembra difficile ottenere cooperazione sull’Afghanistan o un accordo sul clima. Non è così che
funziona. Scelte difficili, come azzerare le emissioni per un Paese in piena
crescita industriale, si possono avere solo in un quadro di collaborazione. Che
ora non c’è. Quali interessi può avere l’Europa a spingere Cina e Russia a coalizzarsi contro l’occidente?”. 



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