«Sono qui da semplice cittadino, potrei dire per passione». Massimo
D’Alema cammina in silenzio subito dietro la testa del corteo che scende
lungo via Cavour, verso i Fori imperiali. È lì, cinque o sei metri alle
spalle di Elly Schlein, che si è messa a tenere lo striscione di Cgil e
Uil con la scritta “manovra sbagliata”. Nessuno sembra fare caso all’ex
presidente del Consiglio, che è venuto perché «mi piace annusare il
clima, sentire gli umori delle persone – spiega – è un esercizio che
dovrebbero fare tutti i politici, ma io ormai sono un ex». Allora viene
spontaneo chiedergli cosa ha annusato, in questi primi 500 metri di
percorso. «C’è un disagio sociale crescente, difficoltà oggettive dei
lavoratori e delle famiglie, che non possono essere ignorate – avverte –
di questo passo le proteste non potranno che aumentare». La sua voce
viene coperta dal coro che si alza in quel momento contro Matteo Salvini
e la sua smania di precettare i lavoratori. «È velleitario pensare di
impedire gli scioperi e di limitare diritti garantiti dalla Costituzione
– sottolinea D’Alema – ma non è una novità che questo governo sia
allergico al dissenso. Da chi ha responsabilità istituzionali è lecito
aspettarsi un atteggiamento diverso».
Si avvicina un signore in giacca rossa: «Presidente, una foto».
D’Alema storce i baffi, ma si mette in posa, pur senza sorridere, non si
può pretendere troppo. Poi si guarda intorno: «C’è molta gente e pare
sia così anche nelle altre città, è un segnale importante – spiega –
questa destra non è maggioranza nel Paese, lo dicono i numeri». Tocca
obiettare che Meloni, seppur con un’alta astensione, ha vinto le
elezioni. «Il punto è riuscire a dare un’organizzazione e una forma
politica all’altra parte – ragiona l’ex segretario del Pds – e questo
ora è il compito dei giovani, dobbiamo sperare in loro». Mentre lo dice,
con un rapido gesto del mento indica Schlein, lì davanti, che sta
abbracciando una ragazza in felpa Cgil. «Non c’è dubbio che il Pd sia
cresciuto, a conferma che stare il più possibile in mezzo alla gente è
la strada giusta – concede D’Alema – anche per recuperare una quota
degli astenuti, può bastarne anche una piccola». C’è un evidente “però”
in sospeso, mentre il corteo svolta sui Fori imperiali. Però? «Però il
Pd da solo non basta, bisogna esserne consapevoli, per vincere serve un
coinvolgimento delle altre forze di opposizione». E qui,
inevitabilmente, scatta la domanda sul Movimento 5 Stelle,
sull’assemblea costituente appena conclusa e su Giuseppe Conte, con il
quale D’Alema ha costruito un rapporto di stima reciproca: «A volte ci
sentiamo», aveva confidato tempo fa il presidente M5S. La risposta
conferma questa simpatia: «Credo che Conte stia facendo un’operazione
utile per la democrazia del nostro Paese e davvero non capisco chi lo
attacca o lo prende in giro – dice D’Alema – Non mi riferisco solo al
padre padrone (Beppe Grillo, ndr), che ha i suoi motivi, ma anche a
certi commentatori e giornali». Insomma, il nuovo corso appena
inaugurato dal Movimento è una buona notizia per la sinistra italiana,
perché «ora è una forza politica matura, che ha fatto il suo percorso e
le sue scelte, su cui ormai si può fare affidamento per battere la
destra».
La costruzione dell’alternativa non sembra proprio una passeggiata,
se l’obiettivo non è solo vincere le prossime elezioni, ma governare il
Paese in modo stabile. «Si può fare, come abbiamo fatto noi 25 anni fa,
auspico ci riescano anche loro». Quello non fu proprio un percorso
netto, visto che il primo governo Prodi cadde in Parlamento per il
ritiro dell’appoggio esterno da parte di Rifondazione comunista. Leggera
smorfia di disappunto: «Ma abbiamo governato per cinque anni, cinque, e
quelli sono i governi che hanno ottenuto i risultati migliori per
l’Italia, si vada a vedere i dati economici e di crescita». Per chi non
lo ricorda, dopo la caduta di Prodi a Palazzo Chigi si insediò proprio
D’Alema, presidente di due diversi governi.
Mentre ci avviciniamo al palco dei sindacati, montato quasi sotto
l’Altare della Patria, c’è tempo per un giudizio sulla nuova Commissione
europea guidata da Ursula von der Leyen, ultimo tema divisivo tra Pd e
M5S, visto che a Strasburgo hanno votato in modo opposto (dem a favore, 5
Stelle contro). «Mi ha colpito lo sfarinamento dei gruppi al Parlamento
europeo, praticamente non ce n’è stato uno che ha. votato in modo
compatto – commenta l’ex premier – Questa commissione parte in un quadro
di oggettiva debolezza, senza una maggioranza chiara. E con le
maggioranze variabili non si va molto lontano».