Presidente D'Alema, nel 2018 lei definì papa Francesco «il principale leader della sinistra, nel modo più significativo». Pensa che sia una definizione invecchiata bene?«Direi di sì, la storia dei sette anni successivi non ha fatto altro che confermare il mio pensiero di allora. Ovviamente la mia era una battuta, anche perché a papa Francesco non avrebbe fatto piacere essere definito un leader "della sinistra" o "di sinistra". Ma due cose sono certe. La prima è che è stato senz'altro un Papa progressista, nel senso più largo del termine; la seconda è che sì, il suo messaggio ha dato corpo ad alcuni dei valori costitutivi della sinistra, che si trovano anche nel Vangelo: giustizia sociale, lotta alla povertà, lotta per la pace».
Secondo lei, col mondo occidentale attraversato dal tema della crisi della democrazia, il messaggio progressista di Francesco è destinato a rimanere o a scomparire insieme a lui?«Senz’altro a rimanere, per un motivo semplicissimo. Vede papa Francesco ha colto meglio di tutti gli altri leader occidentali un tema di fondo: il centro del mondo non siamo più noi. Per tantissime ragioni, demografiche ed economiche, sarà un'altra la parte del pianeta destinata a essere protagonista dei decenni che verranno; ed è su quella parte del pianeta, su quelle che noi consideriamo "periferie", che il pontificato di Bergoglio si è concentrato con maggiore attenzione. A questo grande cambiamento in atto già negli ultimi dieci anni, una parte del mondo occidentale ha invece reagito con chiusure egoistiche e con la rozzezza della violenza, in un'operazione che è allo stesso tempo brutale e velleitaria: brutale perché la guerra è brutale; velleitaria perché comunque le ragioni profonde di questo cambiamento non si fermano con le armi, con i muri, con i dazi».
Pensa che la capacità di Bergoglio di far breccia tra le persone di sinistra sia stata agevolata dalla crisi della sinistra stessa?«Malgrado su alcune questioni che stanno a cuore alla sinistra papa Bergoglio sia stato rigido, penso per esempio all'aborto, parliamo di un Pontefice che ha avuto una capacità senza precedenti di parlare ai laici e ai non credenti. Credo che la differenza, in questo, l'abbia fatta il coraggio. A cominciare da quello delle parole. Papa Francesco ha detto ciò che si sentiva in dovere di dire senza avere paura di sembrare radicale, senza avere paura di apparire divisivo».
A che cosa si riferisce in particolare?«Sulla questione dell'Ucraina, senza che questo assomigliasse mai a una sorta di giustificazione dell'aggressore russo, non ha avuto paura di dire che nella crisi che si è venuta a determinare c'era una sorta di corresponsabilità storica del mondo occidentale».
«L'abbaiare della Nato alla porta della Russia», frase pronunciata due anni fa nel corso dell'intervista rilasciata al «Corriere».«Questo è un dato incontrovertibile. Eppure, non tutti l'hanno detto come l'ha detto papa Francesco. La stessa cosa vale per il conflitto medio-orientale e per la barbarie che sta subendo la popolazione civile di Gaza: anche qui, Bergoglio non ha avuto paura di pronunciare nessuna delle parole che andavano pronunciate, e con nettezza».
Pensa che quello stesso coraggio che lei riconosce a Bergoglio sia mancato alla sinistra mondiale?«Basta guardare al dato più macroscopico e meno dibattuto delle ultime elezioni presidenziali americane. Non è che Trump è ritornato alla Casa Bianca perché a novembre scorso ha dilagato nel voto popolare; al contrario, ha preso più o meno gli stessi voti che aveva preso nel 2020, qualcosa in più di quando era stato sconfitto da Biden. A fare la differenza è stato il tracollo del Partito democratico. Che ha lasciato per strada tantissimi voti dei ceti meno abbienti per non avere avuto il coraggio di realizzare quanto aveva promesso, soprattutto in termini di equità e giustizia sociale. E anche per non avere avuto il coraggio di provare a promuovere la pace fuori dai confini americani. Ecco, la lotta per la pace è uno di quei grandi temi che la sinistra non può permettersi di lasciare nelle mani della destra».
Vale anche per il dialogo con la Cina?Quando Bergoglio venne fatto Pontefice, i cinesi erano felicissimi che fosse stato eletto un gesuita. Per ragioni storiche, erano convinti che il dialogo con un gesuita avrebbe potuto abbattere diverse barriere, cosa che effettivamente poi è successa. Papa Francesco teneva tantissimo all'obiettivo di un suo viaggio in Cina; purtroppo, non è riuscito a realizzarlo».
Ha ricordi personali con papa Francesco?«Ho ricordi privati, visto che 'ho conosciuto durante un'udienza privata anni fa, poco prima del Covid. Per come la vedo io, i ricordi di un incontro privato devono rimanere privati anche quando uno dei partecipanti all'incontro non c’è più. Anzi, a maggior ragione».
Si può chiederle se l'ha trovato simpatico?Certo. Posso dirle che mia moglie Linda e io l’avevamo trovato informale nei modi ed estremamente alla mano, con tratti umanità ed empatia per certi aspetti straordinari, trattandosi di un Pontefice.
Lei invece gli era stato simpatico?«Questo non lo so. E credo che la risposta a questa domanda non l'avremo mai, purtroppo».